Ecco cosa scrive George Sheehan in Running and being, il suo libro sulla corsa: "Se vuoi vincere qualsiasi cosa – una corsa, te stesso, la tua vita – devi essere un po' sfrenato". Ti consiglio la stessa strategia, Cancerino. Anche se adoro la tua sensibilità e il tuo acume, in questo momento mi piacerebbe vederti travolto da una feroce dedizione al nobile sogno che ami di più.
sabato
Rob mi dice questo
venerdì
Lettera a un amico
Caro Ettore,
da tanti anni ti scrivo lettere, da tanti anni relego il mio affetto a queste occasioni salienti.
Ora che sono lontana non sono più un foglio nascosto in un buffo pacchetto, non sono più un’esplicitazione dei miei sguardi e dei miei abbracci. Ora non ci sono sguardi o abbracci. Sono qua nella soleggiata Spagna, e il mio unico rapporto con quella che ero sono i miei scritti.
Il turbinio degli eventi ci ha sempre allontanato ed avvicinato a suo piacimento, senza neppure che ne potessimo avere una reale coscienza, senza essere una nostra scelta ponderata. Era la vita che sceglievamo che talora ci faceva incontrare, altre volte ci portava lontani.
Anche se, pur essendo lontani, non ricordo di essermi mai sentita, o voluta sentire, realmente lontana da te. Tuttavia vorrei evitare per una volta lunghi monologhi su quanto il nostro rapporto sia o non sia unito, stupendo ed unico.
Oggi vorrei tu sapessi quanto io ti veda una persona infinitamente speciale. Fin dal primo momento lo sei stato, perché tu sei speciale dentro, nell’anima, nel tuo profondo modo di essere, sei per me unico al mondo, come un tempo fu un bambino per una volpe. Sei un grande albero, che fa dei suoi rami la sua forza, delle sue radici il suo nutrimento, delle sue foglie la sua prole da proteggere e sostenere. Sei come un albero cavo che ha dentro un mondo da proteggere, un prezioso tesoro che tieni dentro e che ogni tanto decidi di mostrare.
Ti abbraccio stretto, proprio per questo.
Lesbia
Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici
per il semplice caso di avere incrociato il nostro cammino.
Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco,
vedendo molte lune passare,
gli altri li vediamo appena tra un passo e l'altro.
Talvolta ciascuna foglia di un albero rappresenta uno
dei nostri amici.
Il primo che nasce è il nostro amico Papà e la nostra
amica Mamma,
che ci mostrano cosa è la vita.
Dopo vengono gli amici Fratelli, con i quali dividiamo il
nostro spazio affinché possano fiorire come noi.
Conosciamo tutta la famiglia delle foglie che
rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene.
Ma il destino ci presenta ad altri amici che non
sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino. Molti di loro
li chiamiamo amici dell'anima, del cuore.
Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene,
sanno cosa ci fa felici. E alle volte uno di questi amici dell'anima
si infila nel nostro cuore e allora lo chiamiamo innamorato.
Egli da luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra,
salti ai nostri piedi.
Ma ci sono anche quegli amici di passaggio, talvolta una
vacanza o un giorno o un'ora. Essi collocano un
sorriso nel nostro viso per tutto il tempo che stiamo con loro.
Non possiamo dimenticare gli amici distanti, quelli
che stanno nelle punte dei rami e che quando il vento
soffia appaiono sempre tra una foglia e l'altra.
Il tempo passa, l'estate se ne va, l'autunno si
avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono
l'estate dopo, e altre permangono per molte stagioni.
Ma quello che ci lascia felici è che le foglie che
sono cadute continuano a vivere con noi, alimentando le nostre
radici con allegria.
Sono ricordi di momenti meravigliosi di quando
incrociarono il nostro cammino.
Ti auguro, foglia del mio albero, pace
amore, fortuna e prosperità.
Oggi e sempre........ semplicemente perché ogni persona che
passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di se e prende un poco di noi.
Ci saranno quelli che prendono molto,
ma non ci sarà chi non lascia niente.
Questa è la maggior responsabilità della nostra vita e
la prova evidente che due anime non si incontrano
per caso.
lunedì
fuori dalla finestra
In questo luogo in cui io scopro me stessa, forse non c'è nemmeno tanto tempo e spazio per trovarsi.
venerdì
A.A.A. EVITARE LESBIA
Sconvolta e senza parole la povera Lesbia.
Non sapeva neanche lei se essere abbattuta o arrabbiata, se prendersela con qualcuno o restare da parte rassegnata. Quel che aveva visto l’aveva davvero atterrita.
Era appena tornata da una passeggiata nei verdi prati della sua città natale, per i vicoli del centro, in questo prolungamento della sue vacanze di Pasqua; in quell’aria che respirava riscopriva tutti gli odori di un tempo, con nostalgia e tenerezza. Tutto era perfetto. Tuttavia tutto d’un tratto aveva notato dei cartelli affissi sui semafori, sui palazzi che la circondavano, nel bar dov’era cresciuta. Essi avevano scritto: “A.A.A. EVITARE LESBIA”.
Non poteva crederci, non poteva credere ai suoi occhi.
Chi poteva aver pensato ad una tale cattiveria. Chi poteva pretendere che lei, che ormai era lontana, che ormai abitava lontano da tutto e da tutti, che ormai aveva la sua vita, una nuova vita, il suo amore, un nuovo amore, se ne stesse lontana dai suoi più cari amici, dalle persone con cui era cresciuta. Chi poteva pretendere che lei stesse lontana da tutti anche nei pochi giorni che aveva per vederli.
Non sapeva se avercela con colui che aveva anche solo pensato a questo cartello, a colui che in un certo senso la temeva. Colui che forse non era ancora in grado di metterla da parte, di considerare la sua vita indipendente da lei, ma non evitando di parlarle o di chiederle come stesse, bensì non considerandola un problema. Probabilmente doveva preoccuparsi più di se stesso e dei suoi sentimenti, doveva far sentire alla nuova persona che aveva a fianco quella sicurezza di cui una ragazza ha davvero bisogno.
Non sapeva se avercela, invece, col suo amico di tante risate che invece che parlarle di questo problema, aveva preferito affiggere questi orribili cartelli.
Niente di più.
martedì
indecisione perenne
Il mio comportamento si riflette anche nelle grandi decisioni, nelle scelte della vita. Purtroppo queste piccole scelte angosciano la mia vita di tutti i giorni. Ogni qual volta io sia tenuta a decidere che fare delle mie giornate, ma anche delle mie ore, dei miei stessi passi.
Trovo tutto ciò davvero assurdo. Non si può essere così eternamente indecisi.
Ecco che accade.
Capita che ho del tempo tutto per me, da gestirmi. Non c'è nulla che ho organizzato e volendo potrei anche vagare senza meta. Tuttavia mi convinco che voglio renderlo un pò proficuo, così penso lì per lì che fare. Ma che accade? Nel momento in cui decido una cosa, poi penso anche alle altre che avrei potuto fare, così torno sui miei passi, magari ritorno in macchina, parto, ma son di nuovo senza meta.
Allora penso. Va bene se ti senti angosciata nel decidere che università fare, va bene se non sai se partire o restare. Ma un semplicissimo pomeriggio non potrà di certo angosciarti. Per quanto a volte abbia voglia di tempo tutto per me, poi mi ritrovo nell'agonia delle mie decisioni, delle mie scelte.
Sono davvero assurda. Lo so.
venerdì
dieta magica
E' insopportabile, è irrisolvibile. In questi momenti si vorrebbe far qualcosa subito, avere una bacchetta magica, che immediatamente faccia scomparire i chili di troppo, ma esattamente da dove vorremmo noi. In questi momenti si formulano i migliori propositi: smettere col cibo, col le schifezze, ma non come al solito, dando veramente un freno al mangiare; fare attività fisica, con frequenza, con costanza, rassodare, tonificare. Ma nulla può avere effetti subito. Nulla è immediato. Forse potrebbe essere utile ripetersi almeno dieci volte: "devo dimagrire, devo dimagrire, devo dimagrire, devo dimagrire..." Per convincersene.
Certo che a due giorni da Pasqua, non è proprio il momento migliore, per questi enormi progetti. Basterebbe aspettare i soliti suggerimenti post feste di tutti i telegiornali o pubblicati su tutte le rivistine. Le innumerevoli diete che passeranno per i telegiornali, quelle più salutari, quelle più efficaci, quelle più durature. Basterebbe fare un qualunque tipo di attività fisica: correre, camminare, fare piscina.
Ma come fare. Ogni tentativo è stato vano.
Io e Ramina abbiamo provato e riprovato ad iscriverci a qualche piscina, qualche palestra, ma inutilmente. O non ci volevano, o ci proponevano abbonamenti infiniti, addirittura ci siamo recate ad una piscina che in realtà non esisteva. Ma se la sorte è avversa, se la città stessa ci vuole tutte ciccia e brufoli, che fare?
A due mesi dall'inizio dell'estate, a due mesi dalla famosa prova costume, qualcosa bisognerà fare. Vi farò sapere quali sono i risultati della mia ricerca.
giovedì
dialogo ovattato
Lesbia: "Ehi! Ti sei ripresa da quell'orrendo mal di testa di cui mi hai accennato ieri pomeriggio?"
Clodia: "No, in realtà mi ha continuato ad infastidire fino a questa mattina. Ieri sera ero con le mie amiche e mi sembrava di essere in una dimensione parallela, mi sembrava di guardare la televisione!"
Lesbia: "Ma in che senso?"
Clodia: "Ero lì, immobile, estraniata dal mio malessere, ammutolita. Non partecipavo alle loro risate, alle loro parole, ero inerme, offuscata, assente. Sentivo i loro discorsi, provavo delle emozioni ed avevo delle opinioni, ma restavano tutte per me. Ero ammutolita."
Lesbia: "Non è strano, se non stavi bene, poi coi tuoi mal di testa di certo non si scherza. Sei forte di fronte qualsiasi cosa, ma coi mal di testa non si scherza. E' come un nemico inatteso che ti viene a trovare ogni tanto."
Clodia: "E' strano perché questa volta mi ha tirato fuori quel che ho dentro. Ha reso concreta una sensazione che avverto negli ultimi giorni. Un sentirmi lontana e anche un pò vuota, non so perché. Sto facendo scorrere le ultime giornate, con una rassegnata noncuranza. Alla mattina sono stanca, al pomeriggio sto in casa, non riempio il tempo come sono solita fare, correndo da una parte all’altra. Sto semplicemente in compagnia di me stessa. Ed è strano.”
Lesbia: “Non è poi così strano, ogni tanto, aver bisogno di avere un po’ di tempo tutto per sé. Non è strano ricercare la propria tranquillità e serenità.”
Clodia: “Non so se sia proprio un prendere tempo per me. Mi sento un po’ estranea a tutto, mi sento fredda e lontana. Per questo ti dicevo che era un po’ come guardare la televisione. Non sono mai stata così, normalmente sono io che cerco le mie amiche, dico loro il mio parere sui racconti che mi fanno, do loro un appoggio o lo cerco in loro. Forse perché è da un po’ che non mi faccio un sano pianto.”
Lesbia: “Forse è da tanto tempo che avevi bisogno di un momento tuo, e non te ne riuscivi ad accorgere. Eccolo qua, goditelo, gestiscitelo. Tienilo tutto per te. Ricorda che le persone a cui vuoi bene potranno capire. Chi hai attorno si fa molti meno problemi a prendersi i propri spazi, a ritagliarsi un luogo proprio, a risponderti come si sente di risponderti, di quanto tu non abbia mai fatto. Senza essere stronzi, senza cattiveria, ma semplicemente cercando ciò che li fa stare bene.
Dovresti tenerlo a mente anche tu, non credi?”
Clodia: “Si, dovrei.”
The more I think, the less I see
when I'm able to walk
I'm queen of my world
I let it rain on my skin
I don't let myself down
I don't let myself down
I feel closer to the clouds
I'm touching all the highest leaves
on topo of the trees
It's my desire's release
we let it rain on our skin
you're holding my hand
mercoledì
perdersi in un abbraccio
Le era corso incontro, come tante altre volte, aprendo le braccia e stringendola forte a se. Come se un abbraccio potesse trasmettere tutto, come se potesse dire tutto.
“Non mi capacito di come io abbia potuto restare tutto questo tempo lontano da te, non sentirti, non camminare al tuo fianco, non raccontarti chi sono e quel che ho dentro, ed ascoltarti, ascoltarti per ore. Non capisco come sia possibile.
Lesbia fu in grado solo di rispondere a tutto ciò: “Dov’eri?”
I suoi occhi si gonfiarono di lacrime, fin quando non seppe più trattenerle, ed irrigarono il sui viso. In un insieme di stupore, attesa di un momento ormai nemmeno più sperato, felicità e amore. Ovviamente amore. L’amore che ormai da tanto tempo attendeva, quell’amore vero e sincero; un’amore di cui anch’essa aveva avuto dei dubbi, delle titubanze, ma che guardandosi dentro non poteva sentire più indelebile e sicuro.
“Ero lontano, non ero in me, mi facevo dominare dalle cose, dagli avvenimenti, dagli impegni e dai cambiamenti, senza pensare a perché avvenissero, da cosa e da chi fossero dettati. Ti chiedo scusa. Così facendo ho messo da parte non solo i miei sentimenti per te, ma anche la nostra amicizia, la nostra stupenda sintonia. Ti avevo di fronte, mi raccontavo a te, ma i miei discorsi erano vuoti, privi di passione, di partecipazione.
Per quella sera era troppo. Per quella sera era già semplicemente stupendo. Per quella sera poteva bastare un abbraccio.
E come sempre Lesbia, con quell’abbraccio, poteva dirgli tutto ciò che aveva dentro.
domenica
pazzie in collina
Non sono mai abbastanza previdente.
Avevo organizzato tutto. Un gruppo di amici, salsiccia, fuoco, ettolitri di vino e birra. Gruppo ormai testato, dal tempo, dalle esperienze e dalle risate, più qualche nuova entrata, chi più simpatico e chi a modo suo particolare. I componenti, ormai legati da ricordi ed incontri sporadici, serbavano dentro l'impronta di certe esperienze che non può essere cancellata nemmeno dalla lontananza.
Tuttavia non tutto era stato calcolato.
Non avevo considerato la pazzia che contraddistingue il gruppo. Che ormai in realtà contraddistingue solo una parte di loro.
Così al ritorno dalla serata, che si era verificata girare più facilmente del previsto, le cose avevano preso un corso inaspettato. Forse in memoria delle avventure trascorse insieme, dei beach volley alle sette della mattina, dopo una serata infinita in discoteca, delle dormite in spiaggia pur di non tornare a casa, delle volte che si è rimasti chiusi nel parco. Memore di tutto ciò, o ancora animato dallo stesso spirito sbarazzino, Ezio aveva deciso inaspettatamente di non segure la strada giusta, la strada convenzionata, ma di provarne una di sua iniziativa, una nuova. Siamo saliti fino in cima al colle, fino quando più avanti non si può proprio andare, e mentre stavamo scendendo, fra le pozze che ci bagnavano il vetro e ci impedivano di vedere e fra le risate, una ruota si è affondata nel fango e la macchina si è riutrovata in una posizione alquanto insolita.
Il resto, i tentativi di sistemare le cose, gli amici che ci vengono a riprendere, noi che raccontiamo l'accaduto, sono elementi della storia che evito di citare. La cosa strana è che non ho avuto paura. Ero pazza, ero carica, ero incoscente, ed è stato bello esserlo, è stato divertente esserlo.