venerdì

Piero aveva uno sguardo vivido e luminoso.
Una luce illuminava il suo viso, di quella luce che esprime spensieratezza e volontà di vivere la vita appieno. Un pizzico di furbizia ed un sorriso solare.
Suo fratello cela quello stesso sguardo sotto i turbamenti che la vita ha sedimentato in lui.









Non mi ricordo quasi più di lui. Anche perché non l'ho conosciuto.
Lui non voleva parlarmi e nemmeno salutarmi.
Ed io non ho mai preteso che lo facesse.

giovedì

Animale


“L’animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai - si prende tutto, anche il caffè - mi rende schiavo delle mie passioni - e non si arrende mai e non sa attendere - e l’animale che mi porto dentro vuole te.”

Un sorriso aprì il viso suo viso. Anche lei portava dentro un Animale fastidioso e doveroso. Tutto taceva di giorno, il sole scaldava il suo cuore e la brezza sapeva portare via anche i più tiepido e stupido pensiero. Le sue giornate correvano ad una velocità che le piaceva cavalcare, amava non fermarsi mai a respirare. Ci sarebbe stato il tempo e il silenzio dovuto per farlo.

Era nella notte che l’animale che portava dentro pretendeva di prendere voce. Nel torpore delle lunghe notti metropolitane, l’Animale voleva far bisbocce con le genti che affollavano le strade sotto casa e si ostinavano a non spegnersi mai. Lui urlava imperterrito, in sembianze di tosse notturna, che rispondeva all’urgenza di venir fuori in un qualche modo.

Quella lontana notte osservarono la pioggia a lungo, come due voyer che più che stare in una stanza la guardano e non la vivono. Vivere non è difficile, ma bisogna imparare a farlo.

A questo l’Animale si riferiva. Voleva costringerla a trovare il coraggio di farlo, senza finzione, senza giustificazioni, ma per il semplice piacere di sentirsi in questo mondo.

mercoledì

Lettera ribollita

Cara Lesbia,

nelle calde notti ho trovato rifugio nella tua stanza. Tutto ha un'altra prospettiva dormendo in diagonale nel tuo letto e la poca corrente che passa da una stanza all'altra arriva tutta nei miei piedi, che nudi ciondolano giù dal letto.
Di tanto in tanto mi siedo sul tuo balcone e fumo sigarette in un rosso posacenere vintage. Sul tuo balcone mi sento davvero in città. Mi riscopro come da bambina una piccola pedina in un mondo di persone, individui, vite. Tuttavia, se da piccola questa consapevolezza mi provocava una strana paura, oggi mi fa sentire meno sola. Tanti balconi animano il tuo cortile, tante vite racchiuse in essi. Loro hanno più pollice verde di noi, c'è da dire.
Il rumorio delle cucine mi fa ricordare che forse dovrei mangiare qualcosa. Lo sai, non amo stare sola e tantomeno cucinare per me soltanto. Il vociare attorno ad una tavola dei tuoi dirimpettai mi fa pensare a noi e alle nostre chiacchiere sul divano, dopo la cena.

Non so quanto durerà ancora la nostra famiglia, il cambiamento è sempre alle porte.
Ma volevo sapessi, che in questa sera, sul tuo balcone, eri con me.

Goditi la vita.
A presto
Clodia

martedì

Il vaso di Pandora


I piedi nudi nella sabbia. Immobili i pensieri, assenti i movimenti. Ascolta il vento del mare che sale e cerca nell’orizzonte un equilibrio piacevolmente perso. Per fortuna la fine del mare è introvabile e nemmeno Plasson riuscì mai ad imprimerla su tela.
Come la vita è alti è bassi, gioia e dolore, finalmente anche Pandora esce da quella larva di mediocrità in cui si sentiva oppressa e persa. Sul suo motorino percorre senza sosta le strade più nascoste ed introvabili, trova chioschetti sperduti al sapore di zenzero, spazi un tempo industriali che ospitano musica di periferia, raggiunge birrette improbabili in angoli refrigerati. Perché la città è bollente e non ci si può mai fermare e spingendo in velocità il suo fedele Scarabino, può sconfiggere anche il più stupido bollore.

E quindi così, tra frenesia, musica, parole, birre e sorrisi anche questa estate passerà viva, vivida e tremenda. Cogliendo il volere del cuore, scopre la sua inesauribile voglia di scoprire i giri più improbabili, così come la necessità di fermarsi, ascoltare, guardare il mare e godere del vento.

Qui, sola, viva e cosciente, apre il vaso e ascolta Il Collettivo Ginsberg colmando i suoi vuoti.