Era lì, disteso sul mio letto immerso in queste immagini a pensare a chissà cosa. Il suo sguardo era intenso e pareva carico di pensieri, ma più volte lo avevo interrogato su cosa stesse pensando, o cosa stesse guardando. Lui rispondeva nulla e io continuavo a chiedermi come fosse possibile.
Lui era Noé, il mio innamorato.
Non c'era da chiedersi troppo sul suo comportamento, sapeva essere tante volte estremamente contraddittorio: impegnato e corrucciato dai suoi pensieri, preferiva sempre non esporli e tirarli fuori, come se farlo volesse dire affrontarli e renderli una realtà; a volte pensava solo a lavorare, a guadagnare, ad accumulare, con incredibile maturità ed ammirabile impegno, altre stava immobile a far scorrere il suo tempo, come se lo stare a guardarlo fosse un modo per farlo restare immobile.
Improvvisamente mi ero ritrovata innamorata di lui. Un attimo prima eravamo a ridere e scherzare, a divertirci insieme come due compagni di scuola alle prime scorribande, a ballare fino alla mattina; un attimo dopo eravamo noi.
Eravamo noi fra gli amici, noi ad ascoltare i concerti o a berci una birra; eravamo noi ai fornelli o seduti nello stesso ristorante per delle sere di fila, in una piccola isola quasi fuori dalla nazione. Eravamo noi felici o a soffrire, negli errori, nei cambiamenti, nel crescere insieme.
Forse un giorno la vita ci avrebbe allontanato, forse un giorno lo faranno le nostre scelte o quel che saremo diventati; oppure cresceremo insieme e resteremo compatibili.